Difficoltà relazionali

Cos’è quel qualcosa che ci dà la forza, la spinta per superare una fase critica della nostra vita? Potrebbe essere il saper trasformare il dolore in un punto di partenza verso una maggiore consapevolezza di noi stessi.

Il bambino spesso si trova ad affrontare contesti familiari difficoltosi, traumatici oppure semplicemente molto rigidi che non danno troppo spazio alla soddisfazione dei bisogni del bambino oppure che non danno spazio alla gioia di vivere e al divertimento. Il bambino si trova a doversi adattare a quel contesto per vedersi garantita la protezione di cui ha bisogno.

I primi segnali della socialità dell’essere umano li abbiamo quando il bambino muove i primi passi e inizia a interagire col mondo, motivato dal bisogno di esplorazione e di agire nel mondo.

Se l’esplorazione del bambino verrà inibita o disincentivata il bambino apprenderà che il mondo è pericoloso e pieno di insidie pertanto non va esplorato.

Ovviamente quanto detto è un’esemplificazione, il nostro funzionamento non è così lineare in quanto siamo sistemi molto complessi, ma è importante comprendere che le nostre relazioni del qui ed ora sono influenzate dalle nostre relazioni del là e allora.

Le ferite dell’infanzia, se ignorate o negate, tendono a riemergere, spesso in modo distorto e doloroso, nel tessuto dei nostri legami affettivi. Diventano ombre che si proiettano sulle nostre interazioni, influenzando le nostre aspettative, le nostre reazioni e la nostra capacità di costruire relazioni sane e appaganti. “Se non affrontate i vostri traumi infantili, lo faranno le vostre relazioni”

Le nostre difficoltà che si esprimono attraverso le emozioni, siano lì per darci degli indizi di lettura, stanno lì per aiutarci a comprendere e curare quella parte di noi che in quel momento ha bisogno di essere vista e compresa e di come la forza e la saggezza di abitare la propria vulnerabilità sia una virtù.

È nel permettersi di sentire pienamente, anche il dolore e la paura, che si apre la strada verso una vera guarigione e una più profonda comprensione di sé e degli altri.

Lasciamo che il nostro percorso ci conduca, attraverso la difficile ma necessaria esplorazione delle nostre difficoltà passate e delle loro ripercussioni relazionali, a una consapevolezza più matura e integrata di sé. La forza emergerà non nell’annullare la propria vulnerabilità, ma nell’abbracciarla, trasformandola in saggezza e in una più profonda capacità di connessione umana.

E’ dunque importante riflettere sulla complessità dell’esperienza umana, sul peso del passato e sulla possibilità di trasformazione che risiede nella consapevolezza di sé, ricordandoci che la vera forza non si manifesta nell’assenza di fragilità, ma nella coraggiosa accettazione della nostra intera umanità.

La psicologia e i pianeti. Quale relazione?

C.G. Jung ha posto enfasi sia ad una dimensione collettiva dell’inconscio, visto come un contenitore psichico universale che contiene gli archetipi, simboli universali che rappresentano i modelli primordiali dell’esperienza umana, sia al concetto di sincronicità definito come un principio di nessi acausali che consiste in un legame tra due eventi che avvengono in contemporanea, connessi tra loro, ma non in maniera causale.

Questo ci fa comprendere come il funzionamento umano sia complesso e non lineare, ma come vi sia una componente di “familiarità” nei processi di vita, probabilmente data anche dall’influenza degli archetipi, che non sono altro che “movimenti” caratterizzati da diverse energie.

Sono da sempre stata attratta dagli archetipi planetari e dall’astrologia pensado che possano ben rappresentare i processi umani, il cammino verso la consapevolezza di sé e del proprio daimon, per agirlo e consentire la completa adesione ad esso.

Ma cosa rappresentano i 7 pianeti per l’essere umani?

Il SOLE è la nostra azione nel mondo, azione sostenuta dal nostro senso di identità. E’ l’agire il Daimon, è la realizzazione del proprio progetto di vita. E’ il maschile, è la parte yang della nostra identità.

La LUNA è la parte interiore del nostro senso di identità, l’aspetto più sensibile, empatico ed emotivo. E’ mossa dai bisogni più intimi e materni di accoglienza, accudimento, supporto e presuppone un senso di fusione con l’altro. E’ l’aspetto femminile, la parte yin della nostra identità.

MERCURIO è la velocità di pensiero e ragionamento, mente logica e analitica, sono le sinapsi cerebrali. è colui che connette aspetti diversi di noi stessi, ma anche che ci mette in contatto con gli altri per accrescere la nostra consapevolezza.

VENERE è la relazione più “matura” di quella lunare perché c’è un godimento reciproco, un non donarsi ma condividere il piacere dello stare insieme. Rappresenta la scelta e la valutazione nell’individuare la persona con cui stiamo bene insieme. Rappresenta anche la bellezza, l’arte e la salute.

MARTE è azione, affermazione di sé, espressione di aggressività nella difesa dei proprio confini. L’azione di Marte è sostenuta da un andare verso il proprio ideale, raggiungere e costruire le basi per realizzare il proprio progetto di vita.

GIOVE è curiosità, saggezza, è andare oltre, una conquista nella scoperta e fiducia dell’altro. E’ visione e immaginazione, nutrimento filosofico ma anche elaborazione e sintesi.

SATURNO è l’individuazione, il riconoscersi diverso dall’altro e reputarsi autonomo e indipendente. E’ l’accettare di essere adulti e l’accettare il senso di realtà. Elimina ciò che non serve e lascia spazio a ciò che invece è utile.

E’ molto interessante la lettura degli archetipi planetari per comprendere quali processi di vita stiamo attraversando, dove sta il blocco energetico che ci sta “mettendo in crisi” per non leggerlo come patologico, ma come processo fisiologico bloccato che, attraverso le risorse possedute, può essere ripristinato.

Individuazione

Già l’a’etimologia della parola “Individuo” ci fa comprendere come ciascuno di noi sia unico e irripetibile all’interno della nostra specie umana. Ciascuno di noi viene concepito dall’incrocio di geni materni e paterni, che darà vita al proprio bagaglio biologico. Ma diversi studi hanno dimostrato quando l’ambiente influisca e modifichi l’espressione genetica andando quindi a impattare notevolmente su ciscun individuo. Se riflettiamo, siamo già soggetti ad esperienze durante la nostra vita in utero: vieniamo infatti a contatto con le prime relazioni in un ambiente protetto e intimo. La nascita segna il primo passo verso l’individuazione. Il bambino si separa dalla mamma anche se ha ancora bisogno per diverso tempo di lei, per sopravvivere nel mondo. Le prime parole e i primi passi segnano le prime esperiene di esplorazione del bambino nel mondo, attraverso le quali, egli imparerà a comprendere sempre più significati e imparerà sempre più a realizzare il proprio nucleo, in altre parole chi sia veramente. Ecco perchè è importante andare a sostenere il bambino nell’esplorazione, negli sbagli e negli errori, facendogli capire che dalle esperienze si impara e si cresce. Il processo di individuazione/separazione ci accompagnerà lungo tutto l’arco di vita, diventando il motore che ci dà la spinta, in alcuni periodi di vita. Compito del genitore è quello di sostenere il proprio figlio verso una presa di coscienza sempre maggiore di ciò che è veramente, comprendendo che probabilmente affonterà un percorso di vita ed esperienze diverse dalle proprie, proprio in quanto individuo, unico e irripetibile.

Il sopravvissuto

Molto spesso ci viene insegnato che è pretestuoso e sfrontato ambire alla propria realizzazione personale o, in altri termini, desiderare la propria felicità.

Perseguire i propri scopi di vita, i propri obiettivi, la propria vocazione talvolta viene percepito dai nostri cari come un affronto a loro stessi, come un disprezzo o una mancata accettazione verso ciò che loro hanno faticosamente “messo da parte” per noi.

“Accontentati e sentiti fortunato rispetto a quello che hai!”

“Bisogna sacrificarsi e fare fatica nella vita!”

Ma poi, perchè?

A livello inconscio il perseguire la propria realizzazione, ambire ad un futuro migliore anzichè vivere una vita sacrifica e mediocre, ci fa sentire in colpa perchè questo farebbe soffrire i nostri cari che invece si sono accontentati e sacrificati sempre nella loro vita.

Il perseguire la nostra felicità ci porrebbe su un piano superiore rispetto ai nostri cari e davanti ad una scelta dicotomica realizzazione/sacrificio, il nostro senso di colpa inconscio ci fa propendere per la rinuncia alla nostra felicità.

Ed ecco l’insorgenza di ansia, depressione, attacchi di panico ed altri disturbi psicologici più o meno gravi che si manifesteranno fintanto che non li ascoltiamo e cominciamo a perseguire i nostri obiettivi senza sentirci inutilmente in colpa.

Ma siamo proprio certi di non voler essere felici? E siamo così sicuri che i nostri cari soffriranno se ci realizzassimo e godessimo di gioia e benessere? E se invece mostrassimo loro che esiste una strada percorribile verso la felicità che può essere intrapresa anche da loro?

“Capii che la cosa più importante non era l’essere sopravvissuto o l’avere successo, come immaginavo prima, ma la ricerca della mia anima rifugiatasi sulle rive dell’infanzia. Nel ritrovarla seppi che quel potere, per il quale dissipai tanti disperati sforzi, era sempre stato in me.” Isabelle Allende, Il Piano Infinito.

Il Daimon

James Hillman (1926-2011) con la sua teoria della ghianda sostiene che ciascun individuo viene al mondo con un’immagine innata che lo definisce, una forma unica ed irripetibile (il daimon) e che chiede di essere realizzata per portare felicità ed equilibrio nella propria vita.